Non è il solito libro di self-help e nemmeno un bigino per cuori infranti il libro seminale di Donata Francescato, arrivato alle terza edizione a vent’anni esatti dal suo esordio in libreria. La studiosa, una psicologa di chiara fama, prende da subito il toro per le corna smontando fin dalle prime pagine, grazie al supporto di una bibliografia ricchissima (ma purtroppo non raccolta alla fine del volume), l’idea che l’amore romantico sia di per sé qualcosa di positivo. Al contrario, ammonisce la Francescato facendo leva sul sociologo Slater, l’amore romantico è per così dire sponsorizzato dall’etica del consumo: la richiesta di qualità in amore è alla base dell’adozione di un meccanismo di continua richiesta di novità che si applica anche all’amore. Sicché il passaggio dalla rottura dei matrimoni “per colpa” a quella “per insoddisfazione”, congiuntamente con l’influenza della giurisprudenza, del femminismo e della maggiore autonomia femminile, ha determinato un impressionante aumento delle separazioni.
I concetti chiave sui quali si impernia questo appassionante libro – costruito in buona parte a ridosso delle 610 interviste in profondità che l’autrice e la sua squadra hanno rivolto a persone separate – sono quelli di amore come antidoto, la ricerca narcisistica di risarcimento alle frustrazioni dell’io bambino e il conseguente ingaggio di relazioni come compensazione della bassa autostima, i copioni di vita che ci inducono a ricalcare il modello genitoriale, differenziazione e individuazione nella coppia, intimità e indipendenza.
Con uno stile asciutto, scorrevole, ricchissimo di testimonianze, l’autrice si muove con agilità tra la psicologia del profondo e le molte discipline che si sono occupate del problema delle separazioni, fornendo prove, analisi, suggerimenti che rendono questo libro un’opera di valore apicale nel suo genere.
Non aggiungono molto le due postfazioni (quella del 2002 e quella del 2012) e colpisce, unico neo del volume, la gran quantità di refusi riscontrata in un prodotto di un editore di razza come Il Mulino. Su tutti, “a loro”, scritto spessissimo “alloro”, quasi che nella riproposizione del testo fosse stato adottato uno strumento di acquisizione automatica.
I concetti chiave sui quali si impernia questo appassionante libro – costruito in buona parte a ridosso delle 610 interviste in profondità che l’autrice e la sua squadra hanno rivolto a persone separate – sono quelli di amore come antidoto, la ricerca narcisistica di risarcimento alle frustrazioni dell’io bambino e il conseguente ingaggio di relazioni come compensazione della bassa autostima, i copioni di vita che ci inducono a ricalcare il modello genitoriale, differenziazione e individuazione nella coppia, intimità e indipendenza.
Con uno stile asciutto, scorrevole, ricchissimo di testimonianze, l’autrice si muove con agilità tra la psicologia del profondo e le molte discipline che si sono occupate del problema delle separazioni, fornendo prove, analisi, suggerimenti che rendono questo libro un’opera di valore apicale nel suo genere.
Non aggiungono molto le due postfazioni (quella del 2002 e quella del 2012) e colpisce, unico neo del volume, la gran quantità di refusi riscontrata in un prodotto di un editore di razza come Il Mulino. Su tutti, “a loro”, scritto spessissimo “alloro”, quasi che nella riproposizione del testo fosse stato adottato uno strumento di acquisizione automatica.
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