Avarizia, il libro che il giornalista Emiliano Fittipaldi ha
potuto scrivere soprattutto grazie alla mediazione di una talpa interna al
Vaticano, è stato uno dei casi prima editoriali e poi giudiziari dell’anno. Tanta
fama – che è costata all’autore una sorta di impeachment davanti alla Santa
Sede - è originata dal fatto che qualcuno abbia messo il naso su faccende
secretate da sempre, scoperchiando il vaso di Pandora delle impudicizie
commesse “with God on our side”: impeccabile dimostrazione di come in Italia si
sia inclini a subire le ingerenze di uno staterello estero quando ci sono
interessi enormi in ballo e della disinvoltura con cui eleviamo al
rango di martiri i marò che hanno inopinatamente assassinato due pescatori. Due
pesi e due misure.
Come se non fossero bastate la svolta istituzionalizzatrice
di Paolo di Tarso, le crociate, Torquemada, la vendita delle indulgenze, la
copertura dei preti pedofili o il recentissimo scandalo Caritas sui soldi
destinati ai profughi finiti chissà come nelle tasche sbagliate, grazie alla
fittissima documentazione proposta dal gionalista partenopeo la storia della Chiesa si
arricchisce di un capitolo vecchio nelle sue origini ma nuovissimo quanto a
rivelazione pubblica dei risvolti più scottanti.
Fin dalle primissime pagine si resta sconcertati dalle
capacità tentacolari mostrate dal Vaticano di arraffare con la massima
cupidigia in ogni settore, dalle trattative con i palazzinari alle televisioni
porno in Slovenia, in barba a qualsiasi principio di carità cristiana.
Se i casi assurti alla cronaca giudiziaria relativi ai soldi
impiegati per la ristrutturazione dell’appartamento del cardinale Tarcisio
Bertone sono ormai noti a tutti (le abitazioni di gran pregio destinati ai
prelati non sono l'eccezione, ma la regola e c’è gente come Camillo Ruini che vive
in 500 metri quadrati), l’elenco di prove dell’avidità di casa in Vaticano
riportato da Fittipaldi è sterminato. Si apprende così che, per fare qualche
esempio, la pompa di benzina, la farmacia, il tabaccaio e il supermercato fanno
più incassi di Michelangelo e Raffaello, di giardini e delle ville pontificie
messe insieme o che, stando a uno studio del California wine Institute, nel
2012 il Vaticano risulta essere il paese con il più alto consumo di vino al mondo. Segno che, oltre alla ridottissima
popolazione locale, esiste un esercito di sanguisughe che si rifocilla al
ricchissimo piatto del vicino di casa, con danni ingenti per l’erario italiano.
Vicino che, facendo leva prima sui patti Lateranensi, quindi sulla solidarietà
di Craxi e infine su quella dell’attuale presidente del consiglio (nel 2014,
grazie alla legge sull'8x1000, la Cei ha ottenuto l’80,2% dell'intero importo
erogato dai contribuenti che scelgono di destinare una quota delle loro tasse
allo Stato o alle confessioni religiose), si guarda bene dal pagare qualsiasi
tassa sugli immobili ubicati nel territorio italiano. Escludendo ville,
palazzi, auditorium, chiese, eccetera, sapete quanti sono? Soltanto a Roma il
Vaticano possiede circa 5000 appartamenti. Oltre all'immenso real estate, il
Vaticano possiede azioni, liquidi, obbligazioni, suoi e per conto terzi, e
asset finanziari che valgono tra gli 8 e il 9 miliardi di euro.
I mecenati della rinascita finanziaria di una Chiesa che
negli anni Settanta vivacchiava grazie alle prebende dei credenti e al beneplacito
dello Stato italiano sono stati soprattutto Paul Marcinkus e Karol Wojtyla, tramite
istituzioni come lo Ior e Propaganda Fide. Se sulla prima si sa già moltissimo
fin dai tempi in cui Marco Pannella andava sbandierando le trame oscure
dell’arcivescovo statunitense, la seconda - una
congregazione nata per diffondere il verbo di Gesù negli angoli più
lontani e poveri del mondo con il compito di coordinare le missioni evangeliche
nel cinque continenti - possiede immobili e appartamenti mozzafiato a Piazza di
Spagna, nelle vicine via della Vite e via Sistina. È proprietaria di mezza via
Margutta e di attici meravigliosi in via del Babuino. Tanto understatement
finanziario è reso possibile, tra l’altro, dagli affari realizzati con
personaggi come Nicola Cosentino, ex segretario all'economia del governo
Berlusconi, arrestato per presunti rapporti con il clan dei Casalesi.
Quasi duole non vedere Fittipaldi affondare il colpo su
Giovanni Paolo II, l’amico di Pinochet che ha modernizzato la vendita delle indulgenze
con un fittissimo programma di canonizzazioni: durante i 27 anni del suo
pontificato il papa tanto amato dal popolo bue ha proclamato 1338 beati e 482
santi, quasi un quarto di tutti quelli canonizzati nei precedenti cinque
secoli. Mentre nel frattempo contribuiva al flagello dell’Aids in Africa.
Con Bergoglio la Chiesa, oltre ad avere un periodico in più
in edicola (Il mio papa meriterebbe uno studio degno di Baudrillard sulla
fenomenologia del divismo), sembra aver cambiato strada. L’operazione di
restyling morale passa per la parola povertà, ripetuta ossessivamente a ogni circostanza
(specialmente se ci sono telecamere accese nelle vicinanze), salvo poi prendere
le distanze dalle aperture progressiste del sindaco Marino in materia di unioni
civili o affidarsi a un personaggio come George Pell per dare una controllatina
alla contabilità vaticana. Rimane qualche perplessità in merito all’ingenuità di papa Francesco,
che pare non sapere che l'uomo che lui stesso ha scelto per rimettere a posto
le finanze in Australia è finito in un'inchiesta del governo sulla pedofilia. L’arcivescovo
si è giustificato paragonando i sacerdoti pedofili ad autotrasportatori e la
Chiesa a un'azienda di Tir: se il camionista guida ubriaco, la colpa mica è
dell’azienda dei trasporti, che diamine!
Le amenità di questo saggio che riporta fatti degni di un
romanzo di Dan Brown non finiscono ovviamente qui: basterebbe ricordare come il
Vaticano ha messo le mani sulla sanità grazie a ospedali come il Bambin Gesù (che
ha investito in azioni della Exxon, la multinazionale del petrolio costretta
negli anni passati a pagare miliardi di dollari di multe per frodi finanziarie
e disastri ecologici), l'Istituto dermopatico dell'Immacolata e il policlinico Gemelli
o, più banalmente, l’obolo di €1,50 richiesto soltanto di recente per varcare l’uscio
della basilica di S.Pietro.
Il libro ha dalla sua una documentazione fittissima fino
allo zelo, con tanto di fotocopia dei materiali che provano le affermazioni
dell’autore, in un diluvio contabile che va tuttavia a forte scapito della prosa. Sembra
di leggere uno di quei volumi zeppi di virgolettati giudiziari che scrivono Gomez
e Travaglio. Con il risultato che, se non si hanno l’anello al naso e la
sveglia al collo, sembra quasi impossibile, in un’epoca di pluralismo dell’informazione,
non conoscere già la sostanza della faccenda. Con la sola consolazione di
vederla ribadita dopo più di 200 pagine di lettura.
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