mercoledì 24 luglio 2013

Giovanni Rezza - Epidemie. Origini ed evoluzione (Carocci, 2010)





Com’è possibile che organismi tanto piccoli come virus e batteri riescano imperterriti a creare flagelli così grandi e che la scienza non sia ancora riuscita a imporre barriere perentorie a quelli che rappresentano una delle maggiori minacce dell’umanità? La risposta prova a darcela, saltando dalla biologia all’epidemiologia e passando per i molti casi di rilevanza storica, Giovanni Rezza, specialista di malattie infettive che fa luce sulla determinazione evolutiva di questi microorganismi capaci di mettere ko milioni di persone.
Il loro vantaggio evolutivo – ci spiega l’autore – può apparire paradossale alla luce del fatto che l’organismo ospite nel quale si insedia può anche morire. Ecco allora che “l’evoluzione seleziona i più bravi ad assicurarsi una progenie e a farla sopravvivere; questo successo può essere misurato, per un germe, calcolando il numero di vittime infettate da ogni singolo malato” (p. 34). L’uomo poi ci ha messo del suo: lo spostamento delle popolazioni ha messo a contatto quelle che non erano mai entrate nell’orbita di determinati microbi ai quali altre sono resistenti e la globalizzazione non ha fatto che accelerare questo processo. Nei casi più gravi (dalla peste nera e la spagnola fino ai casi recentissimi di HIV, Sars, aviaria e mucca pazza), si è sempre trattato di un “salto di specie”: dai topi, i suini, le vacche e i pipistrelli all’uomo. Ma attenzione, perché, ci informa Rezza, anche le zanzare possono essere molto pericolose. Così come, a livello eziologico, molta rilevanza ha avuto anche la crescita degli agglomerati umani: prima della diffusione di grandi società stanziali, infatti “gli agenti di malattie acute […] non erano in grado di sopravvivere in piccoli gruppi di nomadi” (p. 41), i quali peraltro abbandonavano i loro escrementi da una parte all’altra e quindi non entravano ripetutamente in contatto con gli agenti batteriologici e infettivi.
Naturalmente non sono mancate le risposte da parte della scienza e non a caso vengono fatti i nomi di Pasteur, Jenner e Gallo, nonostante parrebbe che l’uomo, per via dell’impatto sull’ambiente, voglia remare contro se stesso.
L’agile saggio di Rezza cerca di condensare in un numero ridotto di pagine i tanti aspetti della questione, ma nel farlo non riesce a tenersi alla larga da una certa ridondanza e da uno stile di scrittura talvolta pedante.


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