martedì 22 dicembre 2015

Emiliano Fittipaldi: Avarizia (2015, Feltrinelli)


Avarizia, il libro che il giornalista Emiliano Fittipaldi ha potuto scrivere soprattutto grazie alla mediazione di una talpa interna al Vaticano, è stato uno dei casi prima editoriali e poi giudiziari dell’anno. Tanta fama – che è costata all’autore una sorta di impeachment davanti alla Santa Sede - è originata dal fatto che qualcuno abbia messo il naso su faccende secretate da sempre, scoperchiando il vaso di Pandora delle impudicizie commesse “with God on our side”: impeccabile dimostrazione di come in Italia si sia inclini a subire le ingerenze di uno staterello estero quando ci sono interessi enormi in ballo e della disinvoltura con cui eleviamo al rango di martiri i marò che hanno inopinatamente assassinato due pescatori. Due pesi e due misure.
Come se non fossero bastate la svolta istituzionalizzatrice di Paolo di Tarso, le crociate, Torquemada, la vendita delle indulgenze, la copertura dei preti pedofili o il recentissimo scandalo Caritas sui soldi destinati ai profughi finiti chissà come nelle tasche sbagliate, grazie alla fittissima documentazione proposta dal gionalista partenopeo la storia della Chiesa si arricchisce di un capitolo vecchio nelle sue origini ma nuovissimo quanto a rivelazione pubblica dei risvolti più scottanti.
Fin dalle primissime pagine si resta sconcertati dalle capacità tentacolari mostrate dal Vaticano di arraffare con la massima cupidigia in ogni settore, dalle trattative con i palazzinari alle televisioni porno in Slovenia, in barba a qualsiasi principio di carità cristiana.
Se i casi assurti alla cronaca giudiziaria relativi ai soldi impiegati per la ristrutturazione dell’appartamento del cardinale Tarcisio Bertone sono ormai noti a tutti (le abitazioni di gran pregio destinati ai prelati non sono l'eccezione, ma la regola e c’è gente come Camillo Ruini che vive in 500 metri quadrati), l’elenco di prove dell’avidità di casa in Vaticano riportato da Fittipaldi è sterminato. Si apprende così che, per fare qualche esempio, la pompa di benzina, la farmacia, il tabaccaio e il supermercato fanno più incassi di Michelangelo e Raffaello, di giardini e delle ville pontificie messe insieme o che, stando a uno studio del California wine Institute, nel 2012 il Vaticano risulta essere il paese con il più alto consumo di vino al mondo. Segno che, oltre alla ridottissima popolazione locale, esiste un esercito di sanguisughe che si rifocilla al ricchissimo piatto del vicino di casa, con danni ingenti per l’erario italiano. Vicino che, facendo leva prima sui patti Lateranensi, quindi sulla solidarietà di Craxi e infine su quella dell’attuale presidente del consiglio (nel 2014, grazie alla legge sull'8x1000, la Cei ha ottenuto l’80,2% dell'intero importo erogato dai contribuenti che scelgono di destinare una quota delle loro tasse allo Stato o alle confessioni religiose), si guarda bene dal pagare qualsiasi tassa sugli immobili ubicati nel territorio italiano. Escludendo ville, palazzi, auditorium, chiese, eccetera, sapete quanti sono? Soltanto a Roma il Vaticano possiede circa 5000 appartamenti. Oltre all'immenso real estate, il Vaticano possiede azioni, liquidi, obbligazioni, suoi e per conto terzi, e asset finanziari che valgono tra gli 8 e il 9 miliardi di euro.
I mecenati della rinascita finanziaria di una Chiesa che negli anni Settanta vivacchiava grazie alle prebende dei credenti e al beneplacito dello Stato italiano sono stati soprattutto Paul Marcinkus e Karol Wojtyla, tramite istituzioni come lo Ior e Propaganda Fide. Se sulla prima si sa già moltissimo fin dai tempi in cui Marco Pannella andava sbandierando le trame oscure dell’arcivescovo statunitense, la seconda - una  congregazione nata per diffondere il verbo di Gesù negli angoli più lontani e poveri del mondo con il compito di coordinare le missioni evangeliche nel cinque continenti - possiede immobili e appartamenti mozzafiato a Piazza di Spagna, nelle vicine via della Vite e via Sistina. È proprietaria di mezza via Margutta e di attici meravigliosi in via del Babuino. Tanto understatement finanziario è reso possibile, tra l’altro, dagli affari realizzati con personaggi come Nicola Cosentino, ex segretario all'economia del governo Berlusconi, arrestato per presunti rapporti con il clan dei Casalesi.
Quasi duole non vedere Fittipaldi affondare il colpo su Giovanni Paolo II, l’amico di Pinochet che ha modernizzato la vendita delle indulgenze con un fittissimo programma di canonizzazioni: durante i 27 anni del suo pontificato il papa tanto amato dal popolo bue ha proclamato 1338 beati e 482 santi, quasi un quarto di tutti quelli canonizzati nei precedenti cinque secoli. Mentre nel frattempo contribuiva al flagello dell’Aids in Africa.
Con Bergoglio la Chiesa, oltre ad avere un periodico in più in edicola (Il mio papa meriterebbe uno studio degno di Baudrillard sulla fenomenologia del divismo), sembra aver cambiato strada. L’operazione di restyling morale passa per la parola povertà, ripetuta ossessivamente a ogni circostanza (specialmente se ci sono telecamere accese nelle vicinanze), salvo poi prendere le distanze dalle aperture progressiste del sindaco Marino in materia di unioni civili o affidarsi a un personaggio come George Pell per dare una controllatina alla contabilità vaticana. Rimane qualche perplessità in merito all’ingenuità di papa Francesco, che pare non sapere che l'uomo che lui stesso ha scelto per rimettere a posto le finanze in Australia è finito in un'inchiesta del governo sulla pedofilia. L’arcivescovo si è giustificato paragonando i sacerdoti pedofili ad autotrasportatori e la Chiesa a un'azienda di Tir: se il camionista guida ubriaco, la colpa mica è dell’azienda dei trasporti, che diamine!
Le amenità di questo saggio che riporta fatti degni di un romanzo di Dan Brown non finiscono ovviamente qui: basterebbe ricordare come il Vaticano ha messo le mani sulla sanità grazie a ospedali come il Bambin Gesù (che ha investito in azioni della Exxon, la multinazionale del petrolio costretta negli anni passati a pagare miliardi di dollari di multe per frodi finanziarie e disastri ecologici), l'Istituto dermopatico dell'Immacolata e il policlinico Gemelli o, più banalmente, l’obolo di €1,50 richiesto soltanto di recente per varcare l’uscio della basilica di S.Pietro.
Il libro ha dalla sua una documentazione fittissima fino allo zelo, con tanto di fotocopia dei materiali che provano le affermazioni dell’autore, in un diluvio contabile che va tuttavia a forte scapito della prosa. Sembra di leggere uno di quei volumi zeppi di virgolettati giudiziari che scrivono Gomez e Travaglio. Con il risultato che, se non si hanno l’anello al naso e la sveglia al collo, sembra quasi impossibile, in un’epoca di pluralismo dell’informazione, non conoscere già la sostanza della faccenda. Con la sola consolazione di vederla ribadita dopo più di 200 pagine di lettura.

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