venerdì 14 dicembre 2012

Alessandro Baricco - Una certa idea di mondo (La Biblioteca di Repubblica, 2012)




Si apre e si chiude con un’autobiografia (la prima è quella del tennista Agassi, la seconda quella di Darwin) questa carrellata durata 50 settimane sulle pagine culturali de La Repubblica e confluita poi in questo volumetto godibilissimo, uno di quei libri che – direbbe lo stesso autore – anche in bagno vanno piuttosto bene. L’ha scritto Alessandro Baricco, che non ha bisogno di presentazioni, e che col suo stile carico di inventiva, accostamenti spiazzanti (“scrittura celibe”) e ironia mette in fila scrittori e scrittrici, autori italiani e stranieri, romanzi, saggi e racconti. Lo scrittore piemontese smonta, analizza, esamina, confronta, adottando  narcisisticamente spesso sé stesso come parametro (“leggere i libri dei contemporanei ti procura una certa autostima”). Dalle sue pagine viene così fuori che Dickens, almeno stando alle osservazioni che ne fa Orwell e che vengono riprese dallo stesso Baricco, era “un autore piuttosto ignorante, un caricaturista, uno scrittore incapace di sviluppare i personaggi”. Colazione da Tiffany di Capote è “il massimo” che uno scrittore possa scrivere; Il Discorso sul metodo di Cartesio è “un libro di avventure”. E sapete di cosa parla Fantozzi totale, di Paolo Villaggio? Della tristezza, ci suggerisce il nostro. E così via sciorinando giudizi perentori e considerazioni lapidarie: la santissima trinità americana di grandi scrittori dall’inflessione biblica sarebbe composta da Melville, Faulkner e McCarthy; Christa Wolf sa raccontare il male come nessun altro; Trilogia della città di K. è “il libro più triste” che Baricco abbia mai letto; la guerra del Peloponneso è la madre di tutte le guerre. Scorrendo le pagine apprendiamo che Vittorini, che lavorava presso Einaudi, ha stroncato gente come Tomasi di Lampedusa e Fenoglio (ma questo si sapeva già…), e possiamo spiluccare tra aneddoti meravigliosi ed esilaranti (da Glenn Gould che si fa portare ovunque il suo Steinway CD 318 per suonare sempre con lo stesso piano alle aste per i matrimoni degli Illiri o alla tragica campagna di Russia di Napoleone). Dal libro trapelano alcune delle passioni del suo autore (nella top fifthy trovi anche Storia delle idee del calcio di Mario Sconcerti), ma la sua bellezza contagiosa sta nella sua assoluta godibilità, nelle invenzioni costanti della prosa e nella capacità di farti entrare nei segreti della scrittura da addetto ai lavori che azzecca sempre i vocaboli giusti, precisi, per fari capire le cose. E quando c’è da mazzolare sullo stile di questo e di quello, Baricco non è certo uno che si tira indietro. Come quando, parlando della difficoltà di cimentarsi con il romanzo storico (siamo nella scheda di Wolf Hall, scritto da Hilary Mantel), ironizza alla sua maniera: “io trovo incredibile come tanti narratori si infilino in simili scalate da sesto grado superiore con un equipaggiamento stilistico che supera di rado l’infradito”. Chiaro, no?

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